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SpkTeatro

liberamente tratto dal romanzo
Diario di una casalinga serba
di Mirjana Bobic Mojsilovic
Drammaturgia | Ksenija Martinovic
Regia | Fiona Sansone
Musiche | Idoli
con Ksenija Martinovic
produzione CSS Teatro Stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia

“Donne sull’orlo di una crisi di jugo-nostalgia. Il lavoro d’attrice di Ksenija Martinovic e la regia di Fiona Sansone trasformano in un intenso monologo teatrale il romanzo della scrittrice belgradese Mirjana Bobic Mojsilovic, Diario di una casalinga serba”

“Ha stoffa consistente d’attrice, Ksenija. Tre cassette di legno, il mangianastri con le canzoni, una ventata di quotidiani stampati in cirillico, le bastano per rivivere e farci rivivere quei decenni. Musicali e formidabili prima, sfregiati dall’acido del nazionalismo poi. Semplice, pulita, brava”

Il Piccolo, novembre 2015

SINOSSI

Andjelka, una giovane donna, rivive i propri ricordi sentendo il bisogno di ripercorrere quella che era la sua vita: la sua infanzia nella Yugoslavia di Tito, la sua adolescenza, la sua maturità nella Serbia di Milosevic. Come guardarsi allo specchio dopo tanti anni? Un atto di presa di coscienza di un’intera generazione di giovani che non erano pronti a ritrovarsi adulti così presto.

Un mangianastri. Gli anni 60-90. Un fazzoletto rosso. I Giornali. Le parole. I telegiornali. Essere sulle bocche del mondo. Essere una Nazione. Essere Andjelka. Una donna. Abitare il confine, la linea che demarca la civiltà dalla paura, la paura di non esser riconosciuti, la paura di esser taciuti. L’Italia del sogno, del divenire, vacanze, canzoni, pizza, ritorno. Una casa aperta sul mondo. Una casa per una casalinga. Andjelka non si prende cura dei lavori domestici. Andjelka recita, balla, canta, azzera i respiri e Andjelka cerca e ricerca la sua possibilità per essere importante, per diventare qualcuno mentre l’occidente che bussa bombarda, Andjelka guarda il pubblico, cerca in quei corpi al buio, il ricordo della storia, della sua famiglia. Andjelka sta seduta in una scatola, come una bambola bella, aspetta, e non si annoia, rischia, rischia di uscire, rischia di amare, rischia di nutrirsi, rischia di esser felice, rischia di diventar madre, rischia di far domande, rischia la sua nazionalità. Essere di dove è. Esser nata lì. Esser di un popolo. Essere una Serba. Mentre le luci del palco delineano in spazi ora larghi ora asfittici il suo essere a disposizione della Storia, lei strappa alla stessa i caratteri sbiaditi del folklore, e restituisce alla sua memoria la tenerezza dei segreti.

GLI IDOLI

Si chiamavano gli Idoli ed erano il miglior gruppo musicale della new wave jugoslava. Anno 1981. Tito era scomparso da qualche mese e il loro single Maljciki – che si prendeva gioco dei ‘radiosi’ operai sovietici – era balzato in testa alla hit parade di Belgrado. Il Maresciallo non c’era più, eppure il loro sound, una ventata d’aria nuova, celebrava a modo proprio ciò che Tito aveva chiamato la via jugoslava al socialismo.

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